La Grotta Azzurra
Il testo è liberamente tratto dall'articolo "Profondo Azzurro" di Raffaele Vacca, pubblicato nel N°97di giugno 2006 della rivista "I luoghi dell'infinito",  supplemento distribuito dal quotidiano l'Avvenire.
 


fotografia a colori della grotta Azzurra scattata nel 1910

La grotta Azzurra, nota fin dall'antichità, fu in seguito dimenticata, per essere poi riscoperta nel 1826.
Il 17 agosto del 1826, il locandiere e notaio caprese Giuseppe Pagano, il marinaio isolano Angelo Ferraro, il poeta, scrittore e pittore tedesco August Kopisch e il suo connazionale, il pittore Ernest Friers decisero di esplorare una grotta  che si trovava a nord-ovest dell'isola e che era considerata dagli isolani luogo di spiriti e di diavoli. La cronaca degli avvenimenti di quella memorabile giornata fu scritta da August Kopisch 
in una monografia intitolata "La scoperta della Grotta Azzurra" e pubblicata a Berlino, nel 1838,  in "Annuario Italia". Kopisch, nel suo breve racconto, narra gli eventi di quella memorabile giornata.
 
 La spedizione partì da Marina grande, alla volta della grotta, la mattina del 17 Agosto 1826. Al gruppo, composto dal Kopisch, dal suo amico Friers, dal notaio Pagano, dal marinaio Ferraro, si aggiunsero il figlio del notaio, un ragazzo dodicenne di nome Michele e l'asinaio Michele  Federico. I sei esploratori salirono su una barca che ne rimorchiava un'altra più piccola, contenente due tinozze, i padellini della pece, due funi.


interno della grotta in una recente foto

Il primo ad entrare nella grotta fu Angelo Ferraro. Era su una tinozza che spingeva a remi, che aveva davanti legata un'altra tinozza con il fuoco di pece. Lo seguì August Kopisch a nuoto. Dopo entrarono Friers e Pagano, che all'ultimo momento era stato preso da qualche timore. Poco dopo entrarono, a nuoto e gioiosamente,  l'asinaio Michele Federico ed il figlioletto di Pagano. Subito dopo, incuriosito dal racconto del Pagano entrò nella grotta anche il proprietario del terreno sovrastante l'ingresso della grotta. La grotta fu ritratta dai due tedeschi, che dopo una prima esplorazione si riproposero di indagarla fino in fondo un'altra volta. August Kopisch scrisse, in quello stesso giorno nel registro delle firme della locanda Pagano, suo alloggio caprese,  una breve relazione sugli avvenimenti della giornata e per la prima volta la Grotta  fu chiamata "Grotta Azzurra".
 


ingresso delle barche alla Grotta Azzurra

La grotta è una delle 55 Grotte del litorale dell'isola. I turisti visitano  solo una parte della grotta: "Il Duomo Azzurro", che ha una larghezza massima di 25 metri. L'ingresso alla grotta è largo 2 metri ed alto appena un metro, per entrare nella grotta bisogna stare sdraiati sulle piccole barche che vi possono accedere. La profondità varia dai 22 metri dell'ingresso ai 14 della parte meridionale. La volta sale rapidamente dall'ingresso verso l'interno, raggiungendo i 14 metri nel punto più alto.    
   La luce del sole entra nella grotta attraverso la finestra sottomarina, che si apre sotto il suo l'ingresso.  La luce, entrando, viene filtrata dall'acqua che, lasciando  passare i colori azzurri e assorbendo i rossi, determina l'effetto luminoso che fece chiamare "Azzurra" la grotta.
Un approdo artificiale , posto nella parte meridionale del "Duomo Azzurro", rivela che la grotta non è limitata a questo. La grotta si estende, tra altre cavità, cunicoli, sale interne ed addirittura un'altra Grotta Azzurra per più di cento metri. Sul promontorio sovrastante la Grotta Azzurra sorgeva la Villa imperiale di Damecuta, dove Tiberio trascorreva l'estate, godendo il fresco vento di ponente. Dissentendo da altre interpretazioni, Italo de Feo ha sostenuto che, proprio per l'esistenza della grotta, Damecuta è un nome composto da daimon e kute, che significa "la grotta del dio". Essa con i suoi giochi di luce  e di acqua "doveva autorizzare da tempi antichissimi un'interpretazione religiosa del luogo". 


















La locanda Pagano, ora  Hotel"La Palma",  in una foto dei primi del 900  
La locanda Pagano, aperta quasi certamente  nel 1818 dal notaio Pagano, è considerata il primo albergo di Capri. Fu rifugio preferito da pittori, intellettuali e poeti tedeschi. In questa antica locanda, il poeta Viktor von Scheffel scrisse "Il trombettiere di Säkkiger", pubblicato nel 1854 e destinato ad un lungo successo. Nel 1922, dopo essere stata venduta dagli eredi di Giuseppe Pagano, la locanda prese il nome di Hotel "La Palma", dalla palma che si ergeva nel suo giardino e che fu abbattuta nel 1962  
 


resti della villa imperiale di Damecuta

Ha aggiunto che,"anima profondamente inquieta, nonostante il suo volto di generale e di governo, Tiberio cercava a Damecuta la rivelazione dell'arcano che può salvare il mortale dal nulla". E l'onda che chiudeva a volte l'antro marino, rendendolo inaccessibile, gli sembrava una parola dell'eterno. "E' la parola scritta nel gran libro delle creature , che l'animo ansioso del segreto delle cose può sempre leggere nel segreto della meraviglia dell'isola di Capri".  

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